Omelia del Corpus Domini

03-06-2021

Santa Messa del Corpus Domini

Duomo di Pavia – giovedì 3 giugno 2021

 Carissimi fratelli e sorelle,

Siamo all’inizio del mese di giugno, mese dedicato al Sacratissimo Cuore di Gesù, mese segnato dal mistero dell’Eucaristia: il sacramento del corpo e sangue di Cristo, corpo dato e sangue versato, come segno della nuova e definitiva alleanza, del nuovo patto che Dio, in Gesù, realizza con noi.

In questa celebrazione, che si prolungherà nell’adorazione del Santissimo Sacramento, vogliamo onorare il dono immenso dell’Eucaristia: è la solennità del Corpus Domini, festa della fede, perché solo agli occhi della fede si svela la realtà racchiusa nell’umile segno del pane eucaristico, l’ostia santa e pura che contiene veramente, realmente e sostanzialmente la presenza viva e vivificante del Signore crocifisso e risorto. È il sacramento della sua Pasqua di morte e di risurrezione, è il memoriale della nuova alleanza, realizzata nel sangue di Cristo, nel dono totale ed estremo della sua vita per noi.

Le letture proclamate ci fanno percepire la novità assoluta dell’Eucaristia: nella prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo (Es 24,3-8), abbiamo il racconto della stipulazione dell’antica alleanza al Sinai, attraverso la mediazione di Mosè. Il patto tra Dio e Israele si compie nel segno del sacrificio – si tratta di offerte di animali, come giovenchi, nella forma di olocausti e di sacrifici di comunione – e nel segno del sangue, asperso sull’altare e poi sul popolo, segno di vita e del legame familiare che ormai unisce il Signore a Israele, scelto e amato come figlio primogenito.

L’autore della lettera agli Ebrei, nel passaggio che abbiamo ascoltato (Eb 9,11-15), istituisce un confronto tra il rito che si realizzava nel tempio, nel giorno dell’Espiazione, e il vero sacrificio compiuto una volta per sempre da Cristo nella sua croce e nella sua risurrezione. Nel rito ebraico il sommo sacerdote entrava una volta all’anno nel Santo dei Santi, attraversando la prima tenda, il Santo, e portando il sangue di capri e di vitelli offerti in sacrificio, aspergeva le pareti del Santo dei Santi – un locale vuoto, immerso nel silenzio – e poi usciva per aspergere con lo stesso sangue l’altare e il popolo, così si realizzava la massima vicinanza con il Dio santissimo e allo stesso tempo la purificazione del popolo: era però una purificazione rituale, esterna che non liberava veramente dal peccato, non era in grado di trasformare i cuori, tanto che il rito si ripeteva ogni anno.

Ecco ora la novità di Cristo: venuto come «sommo sacerdote dei beni futuri», egli, con la sua umanità glorificata nella risurrezione, entra nel vero santuario, nel cielo, dopo aver offerto se stesso, una volta per sempre, con il suo sangue versato per noi. Così ci ottiene «una redenzione eterna» che tocca il nostro cuore e lo trasforma: «Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?» (Eb 9,13-14).

Davvero Cristo è «mediatore di una nuova alleanza», una nuova relazione da figli con il Padre, come peccatori salvati e purificati nel suo sangue e l’Eucaristia è il segno, il sacramento che rende presente nel tempo della Chiesa la realtà di questo unico e perfetto sacrificio, ci mette in contatto con la potenza dell’amore di Gesù, manifestato nel suo corpo donato e nel suo sangue versato.

È il sacramento memoriale del sacrificio pasquale e, allo stesso tempo, è convivio, mensa e banchetto della nuova alleanza, nel quale ci nutriamo del corpo di Cristo, per diventare noi membra del suo corpo, segno vivo della sua presenza.

È il sacramento della presenza reale e vivente del Signore da adorare, nello stupore della fede, nel silenzio del cuore, per attingere da Lui la forza di un amore che si fa dono in noi e attraverso di noi.

Adoriamo l’Eucaristia, ci nutriamo di Cristo, pane vivo e vero, disceso dal cielo, per diventare noi stessi “eucaristia”, pane spezzato e donato, amore condiviso.

Carissimi fratelli e sorelle, se davvero ci rendessimo conto di che dono immenso e straordinario è racchiuso nell’umile segno dell’Eucaristia, faremmo di tutto per partecipare alla Santa Messa, ogni domenica, nel giorno del Signore e, per quanto possibile, ogni giorno, per accostarci, in grazia di Dio, alla santa comunione, sostando e ringraziando il Signore che si dà a noi come nutrimento sostanziale e vitale, per adorare e stare in compagnia di Gesù, ospite silenzioso nei nostri tabernacoli, troppo spesso abbandonati e dimenticati!

Questo è il tesoro che Cristo ha consegnato ai suoi discepoli, la sera dell’ultima cena, con i gesti e le parole che noi rinnoviamo in ogni celebrazione e che abbiamo ascoltato nel vangelo di questa sera: «E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti”» (Mc 14,22-24).

La Chiesa nasce e rinasce dall’Eucaristia: le nostre comunità escono provate dalla lunga pandemia, che, insieme alle conseguenze sanitarie ed economiche, ha creato in molti una disaffezione nel vivere con fedeltà la Messa, tanto che, ancora adesso, non poche persone preferiscono seguirla da casa, pensando che sia la stessa cosa. Non lo è, perché l’Eucaristia è un gesto da vivere, in cui la comunità si ritrova e si raduna, è un incontro “in presenza” con Cristo vivente, nel dono della Parola e del Pane di vita, e la nostra fede non può essere vissuta e alimentata in modo individuale e “privato”, ma ha bisogno della maternità della Chiesa, per essere appartenenza e riconoscimento di Cristo, vivo e presente, qui e ora, nel segno del suo corpo ecclesiale, nella concretezza delle nostre comunità, con le loro fatiche e ricchezze, dove tutti possiamo portare il dono della nostra persona e della nostra vita. Un cristianesimo solo “on line” diventa evanescente!

In modo originale, in un recente intervento la giornalista e scrittrice Costanza Miriano diceva: «La Chiesa ha una cosa grandissima, che nessun altro nell’universo ha: il potere di dare agli uomini il corpo stesso di Dio, da mangiare. Solo attraverso la Chiesa entriamo in un rapporto reale con Dio, con il Dio vivo, che diventa, se glielo chiediamo, se lo supplichiamo, più intimo a noi di noi stessi. […] Dio stesso ha voluto che il suo rapporto con ciascuno dei suoi figli fosse mediato dalla Chiesa: cioè, non puoi mangiare il corpo di Dio se non attraverso la Chiesa, non puoi accollare tutti i tuoi peccati a Dio se non attraverso la Chiesa, non puoi diventare figlio di Dio se non attraverso di lei, col battesimo».

Proprio nell’Eucaristia, celebrata e adorata, possiamo trovare una fonte di vita e di speranza, che allarga il cuore, dilata lo spirito e ci spinge, ci apre al dono di sé, alla carità, alla condivisione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo.

Ecco, in un tempo di ripresa e di “ripartenza”, com’è il nostro, noi cristiani, noi Chiesa ripartiamo da qui, dall’Eucaristia, non trascuriamo il dono di Cristo per noi e aiutiamo i nostri fratelli uomini a ritrovare nel Signore, vivente nel suo popolo, la sorgente pura e inesauribile della vita vera ed eterna. Non abbiamo nulla di più caro e di più prezioso da offrire al mondo. Amen!