03-06-2021

Vespri della solennità del Corpus Domini

Duomo di Pavia – giovedì 3 giugno 2021 

Carissimi fratelli e sorelle,

Reverendi canonici del Capitolo,

Distinte autorità civili e militari,

Ci siamo raccolti stasera per elevare al Signore una preghiera di lode e d’intercessione davanti al Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, in questi vespri solenni del Corpus Domini: adoriamo Cristo presente realmente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità nell’umile segno del pane, nell’ostia purissima che i nostri occhi vedono. Sotto le apparenze del pane, lo sguardo della fede riconosce Lui, il Signore che resta con noi come Pane vivo e vero nell’Eucaristia.

San Paolo, nella lettura breve proclamata, trasmette ciò che ha ricevuto dal Signore, nella prima comunità, fedele custode delle parole e dei gesti di Cristo: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,23-25).

Paolo si fa testimone di una tradizione da lui ricevuta, nei primi anni della sua adesione alla fede cristiana, nelle comunità di Gerusalemme e di Antiochia: siamo intorno all’anno 36/37, sono passati pochi anni dagli eventi della Pasqua di Gesù e da subito la Chiesa nascente ha celebrato il rito eucaristico, attuando il comandamento di Cristo.

Davvero non è mai esistita una Chiesa senza Eucaristia, ed è talmente grande il dono racchiuso nel gesto e nel sacramento istituito dal Signore che la Chiesa sente il bisogno di esprimere la gratitudine e la meraviglia adorante della sua fede con una particolare festa, dedicata all’Eucaristia: la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, chiamata ancora con il nome antico del Corpus Domini, che nel calendario universale è fissata nel giorno settimanale del giovedì, memoria del Giovedì Santo, e che in Italia, da molti anni, è stata trasferita alla domenica successiva.

Idealmente vogliamo portare davanti al Signore, nascosto e presente sotto i segni eucaristici, tutta la comunità, ecclesiale e civile, che abita a Pavia: le nostre famiglie, i bambini, i ragazzi e i giovani, gli anziani e i malati, gli uomini e le donne che studiano, fanno ricerca, operano, svolgono i mille servizi essenziali per la vita della città e del suo territorio, e anche coloro che sono in cerca di un lavoro dignitoso, coloro che non hanno dimora, eppure vivono tra noi, coloro che faticano a integrarsi nella vita sociale, spesso provenienti da nazioni più povere o sfigurate dalla violenza e dalla guerra, coloro che finiscono vittime di dipendenze gravi e disumanizzanti dal gioco, dalla droga, dalla pornografia o da un uso eccessivo di dispositivi digitali.

Vorremmo essere voce di tutti e per tutti, e mentre invochiamo dal Signore la sua benedizione e la sua vicinanza benevola e misericordiosa, in questo momento, desidero chiedere a Cristo, che cammina con noi e mai ci lascia soli, tre doni essenziali per questo tempo, per la nostra Chiesa e per la nostra città di Pavia.

Il primo dono è la sapienza, così necessaria in questo momento, nel quale s’intravede un’uscita dalla lunga prova della pandemia: nell’aria si avverte un desiderio di vita e di ripresa, forse anche una nuova fiducia nelle risorse di creatività, di laboriosità, di cultura, proprie del nostro popolo. Nonostante i difetti e le carenze che non mancano, abbiamo alle spalle una storia che attesta, in vari modi e in passaggi critici, la ricchezza del “genio italiano”: si tratta di una capacità di ripartire, di costruire, di progettare cose nuove, che ha fatto spesso la differenza, e che ha certamente dei legami con l’anima cattolica della nostra tradizione, riflessa nell’arte, nella musica, nella letteratura – il sommo poeta Dante di cui ricorre quest’anno il settimo centenario della morte (1321-2021), e la sua Divina Commedia sono un concentrato della teologia e dell’antropologia cristiana – ma anche nella ricca vita associativa, nelle numerose opere, frutto della vitalità dei corpi sociali, nell’economia delle mille piccole imprese artigianali e industriali, spesso a base familiare, nel diffuso volontariato che anche nella nostra città ha fatto sentire la sua presenza preziosa nei mesi passati.

Ecco, carissimi fratelli e sorelle, ora siamo chiamati, come comunità civile di Pavia, a sostenere la ripresa della vita e delle attività, avendo particolare attenzione ai soggetti più deboli, favorendo una sana e buona collaborazione tra attività pubblica e operosità libera di persone, famiglie, imprese e associazioni: per questo occorre sapienza, per avere a cuore il bene comune, di tutti e di ciascuno, per correggere aspetti del nostro sistema e del nostro modo di vivere che hanno creato disparità, concentrazione eccessiva dei beni nelle mani di pochi, danni all’ambiente e sfruttamento dissennato di risorse naturali, disattenzioni e mancanze verso soggetti più fragili, come gli anziani, i bambini e gli adolescenti talvolta abbandonati all’insidia del nulla, uno scarso riconoscimento a livello pubblico e politico della centralità delle famiglie e della loro piena libertà educativa, anche nella scelta della scuola pubblica, statale o paritaria.

Il secondo dono che invoco dal Signore è che rinasca nei cuori la fede, l’umile e intelligente riconoscimento che senza l’apertura a Dio, al suo mistero d’amore svelato nel suo Figlio, fatto uomo, crocifisso e risorto, noi costruiamo un mondo che alla fine manca di orizzonte e di respiro, perché il nostro cuore di uomini, mossi da un desiderio inesauribile di vita e di bene, di verità e di bellezza, resta un cor inquietum, secondo le parole del grande Sant’Agostino, che custodiamo qui a Pavia: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Le confessioni, I,1,1).

In questi mesi abbiamo sentito ripetere: «Nulla sarà come prima». Sinceramente io diffido degli slogan, che rischiano di diventare parole vuote, e nel comprensibile desiderio di “tornare alla normalità”, leggo anche la voglia di chiudere al più presto la parentesi oscura della pandemia, per riprendere la vita di prima. Ma siamo sicuri che la vita di prima sia pienamente vita? Che risponda e corrisponda alla profondità e all’ampiezza del desiderio umano? Che basta ritornare al ritmo solito della scuola, dell’università, del lavoro, dei divertimenti, delle uscite, delle vacanze, dei ritrovi con gli amici – tutte cose in sé buone, ovviamente se sono vissute in modo autentico e non “schizofrenico” – per vivere pienamente, con un significato positivo, con una speranza capace di reggere nelle prove, con una capacità di abbracciare tutta l’esistenza, anche nel dolore e nella morte, e con un cuore appassionato al bene dell’altro?

Ecco, senza Dio, senza un’esperienza di fede che ci fa scoprire il dono dell’amicizia con Cristo, ciò che noi facciamo e realizziamo è sempre «poco e piccino» rispetto al desiderio del cuore. Non dimentichiamo la saggia parola del salmo: «Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1).

Il terzo dono che domando al Risorto, vivente tra noi nell’Eucaristia, è per la Chiesa di Pavia: è il gusto e la passione di una presenza viva, immersa nella vita delle persone e delle famiglie.

Che le nostre comunità siano aperte e tese all’incontro con gli uomini e le donne della nostra città, che i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i laici che già vivono un cammino di fede, siano disponibili a dare tempo nello stare con le persone, nel visitare i malati e gli anziani nelle case e nelle strutture d’accoglienza, nell’offrire spazi di vita, d’educazione e di compagnia ai bambini, agli adolescenti, ai giovani, coinvolgendoli e valorizzando la ricchezza che portano con sé: i nostri oratori siano aperti, siano luoghi vivi di proposta, dove tessere di nuovo una rete bella di fraternità e di comunione, le nostre parrocchie, in collaborazione con la Caritas diocesana, le associazioni e i movimenti ecclesiali presenti a Pavia siano creativi nel realizzare esperienze e percorsi educativi per e con i ragazzi e i giovani, abbiano a condividere la vita e i bisogni di coloro che sono ai margini, o vivono situazioni di disagio, non solo economico, ma anche umano.

È tempo di una nuova costruzione, è tempo di missione, è tempo in cui, come Chiesa, siamo chiamati a raccoglierci intorno a Cristo, nel dono dell’Eucaristia che ci raduna come comunità di suoi amici e discepoli, per essere da lui sospinti e mossi all’incontro con i nostri fratelli e le nostre sorelle, per condividerne la vita e per testimoniare a loro la gioia della fede.

Signore Gesù, con fiducia ci rivolgiamo a Te questa sera:

invochiamo la tua benedizione su noi e sulla nostra città e ti chiediamo

il dono della sapienza, per edificare una società dal volto umano,

il dono della fede, per vivere a misura del nostro cuore, aperto a Dio, sommo bene,

il dono di essere una Chiesa che va incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo,

per essere partecipe della loro vita e per testimoniare a tutti la gioia di credere in Te.

Amen!