Inaugurazione Anno Ennodiano – Basilica di San Michele

17-07-2021

Carissimi fratelli e sorelle,

Con la celebrazione eucaristica di oggi, memoria di Sant’Ennodio vescovo, apriamo l’anno a lui dedicato, nel 1500° anniversario della sua morte, avvenuta il 17 luglio 521. Manlio Felice Ennodio era nato nel 473 o 474 probabilmente ad Arles, da una famiglia dell’aristocrazia locale, imparentata con l’alta nobiltà di Roma, e visse in un tempo particolarmente travagliato, guidando la Chiesa di Pavia dal 514 al 521, dopo essere stato accanto ai vescovi Sant’Epifanio e Massimo come diacono.

I suoi resti, inizialmente custoditi nella chiesa di San Vittore martire, fatta costruire dallo stesso Ennodio, furono traslati nella basilica di San Michele, che secondo alcuni studiosi potrebbe avere origini in epoca pre-longobarda, forse su iniziativa dello stesso Ennodio: sono custoditi nella cripta e nella nostra basilica abbiamo l’epigrafe funeraria, che in pochi versi evoca la figura e l’opera di questo grande vescovo, uomo di ampia cultura, pastore con alto profilo di dottrina e di governo, impegnato nelle complesse vicende ecclesiali e storiche dei suoi anni. Davvero la sua fu un’epoca di cambiamento e allo stesso tempo un cambiamento d’epoca – direbbe Papa Francesco – segnata dal crollo dell’impero romano d’Occidente, con la deposizione di Romolo Augustolo e l’ascesa al trono del primo re “barbaro” Odoacre nel 476, e la successiva entrata in scena del re del regno italico Teodorico, e insieme dalla crescente divaricazione tra occidente e oriente, sul piano politico e sul piano ecclesiale, con rapporti sempre più tesi tra tra chiesa latina e chiesa bizantina.

Perché dedicare un anno a Ennodio? Che senso può avere questa scelta per il cammino della nostra Chiesa e della nostra città? Non è soltanto per non dimenticare una figura rilevante della storia di Pavia, ma è per attingere alla sua testimonianza tratti che possono parlare ancora a noi, indicando qualcosa di prezioso, per noi credenti, membri della Chiesa di Pavia, e per tutti coloro che hanno a cuore la ricchezza di un patrimonio e di una storia che caratterizzano la nostra città e ne hanno plasmato il volto nei secoli, fino a oggi. Per questo motivo, il Comitato costituito sotto la presidenza del prof. Fabio Gasti e la vicepresidenza della professoressa Luisa Erba, intende realizzare di alcuni eventi durante l’anno, di carattere culturale e religioso, che permettano di riscoprire la figura di Sant’Ennodio, la sua poliedrica attività, il contributo della sua opera letteraria, pastorale e teologica, tanto da essere annoverato come uno tra i Padri della Chiesa, e perfino il suo ruolo civile in quegli anni in cui, mentre andavano sgretolandosi la struttura e il mondo dell’impero romano, almeno in occidente, avrebbe preso forma una nuova civiltà cristiana, erede e innovatrice del patrimonio della latinitas, grazie anche all’opera di vescovi, come Ennodio, chiamati a essere protettori e custodi dei poveri e degli umili, vero punto di riferimento della vita ecclesiale, civile e politica.

Ovviamente, il contesto in cui viviamo è totalmente differente dai secoli successivi al crollo dell’impero, tuttavia non mancano analogie perché anche oggi, sotto più di un aspetto, abbiamo l’impressione che stia tramontando un’epoca, che stiamo attraversando un tempo di “crisi” e di passaggio, verso un futuro che non sappiamo ancora delineare – la stessa pandemia da cui con fatica stiamo uscendo apre domande e suscita inquietudini – e chiunque ha a cuore il cammino dell’uomo, avverte interrogativi profondi su che tipo di società vogliamo plasmare, per noi, con nuove le generazioni che stanno crescendo, sulla concezione dei tratti fondamentali dell’umano – la vita, la generazione e la nascita, la sofferenza e la morte, il rapporto con l’ambiente, gli orientamenti etici dell’esistenza – sullo spazio e il senso della dimensione religiosa dell’esistenza e sul futuro del cristianesimo e della Chiesa, in particolare nelle terre d’Europa, terre dell’antica cristianità.

Ora, carissimi fratelli e sorelle, vorrei raccogliere dalle letture proposte dalla liturgia, in questa sedicesima domenica del tempo ordinario, alcuni tratti che trovano una suggestiva realizzazione nella figura e nell’opera di Sant’Ennodio, come uomo di Chiesa, pastore e custode della fede.

Vi sarete accorti che il passo del profeta Geremia, così come il vangelo di Marco, mettono a tema la figura del pastore: sullo sfondo dei cattivi pastori, condannati dal profeta, figura dei capi politici e religiosi d’Israele, si staglia la promessa di pastori che si prendano cura del gregge, del popolo loro affidato, e in particolare si annuncia la figura di un pastore, discendente del re Davide, che sia «un germoglio giusto». Le parole di Geremia interpellano, in modo differente, chi ha responsabilità amministrative e politiche, e chi è costituito come pastore nella santa Chiesa di Dio – noi vescovi e i presbiteri, nostri collaboratori nel ministero: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati … Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una» (Ger 23,1-2.4).

Ecco, Sant’Ennodio è stato un pastore che ha servito con passione, con dedizione, con coscienza il suo popolo, prendendosi cura dei poveri, impegnandosi anche in missioni e in legazioni per riscattare prigionieri, facendosi voce dei deboli, e allo stesso tempo, ha saputo stabilire rapporti con i potenti del suo tempo, con il re Teodorico, con l’imperatore di Costantinopoli Anastasio II, impegnando se stesso in faticose trattative con l’impero e la Chiesa d’Oriente, per favorire la piena adesione alla fede cristologica e la ricomposizione di uno scisma, senza purtroppo raggiungere pienamente l’obiettivo.

Parte essenziale del servizio del vescovo è proprio la custodia della retta fede, attraverso la predicazione, la difesa della sana dottrina e dell’ortodossia, la cura della vita liturgica – Ennodio compose inni per le feste più importanti e carmi in onore di santi e martiri -, attraverso una giusta vigilanza sulla disciplina nella vita del clero e delle comunità. In questo senso, in Ennodio pastore, ritroviamo il tratto stesso di Gesù, capace di compassione per le folle che lo seguono, «come pecore che non hanno pastore» che, come primo gesto di tenerezza, «si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6,30). Prima di procurare loro il pane materiale, Gesù dona la sua parola, che dischiude i misteri del Regno: così ha fatto nel suo ministero di vescovo Sant’Ennodio, non ha mai tralasciato l’insegnamento della fede cristiana, respingendo dottrine errate che minavano al cuore la fede in Cristo, vero Dio e vero uomo, e allo stesso tempo, è stato sollecito nella carità e nella difesa della giustizia, facendosi voce di chi non aveva voce. Qui, trovo un richiamo illuminante per il mio ministero di vescovo e in senso più ampio, per il servizio che sono chiamati a svolgere tutti i pastori nella Chiesa, per non far mancare il pane della verità e dell’amore.

Infine, la parola dell’apostolo Paolo mostra l’opera unificatrice di Cristo: «Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2,13-14). Siamo così condotti a considerare l’impegno di Sant’Ennodio per l’unità nella Chiesa: egli, come diacono, si coinvolse per il superamento dello scisma laurenziano, provocato dall’elezione dell’antipapa Lorenzo in concomitanza con l’elezione di Papa Simmaco (498-514) e difese il valore unico del ministero del Papa; sotto il successore, Papa Ormisda, intraprese come legato papale due missioni a Costantinopoli, presso l’imperatore, con l’intento di favorire la piena comunione nella confessione della fede, espressa nel Concilio di Calcedonia (451), incontrando freddezza, ostilità e il rifiuto di sottoscrivere le richiese del Papa. Possiamo immaginare il suo dolore e il suo disappunto di fronte alla scarsa disponibilità del suo interlocutore: eppure non desistette, perché sapeva che era in gioco l’unità della Chiesa, nella professione della vera fede in Cristo. Un’unità costruita sull’equivoco, su un falso irenismo, sul compromesso che offusca la verità, alla fine è un’unità fittizia e fragile!

Carissimi amici, per intercessione di Sant’Ennodio il Signore conceda alla nostra Chiesa di crescere nell’annuncio di Cristo agli uomini e alle donne di oggi, e nella testimonianza dell’unità in Lui, che è la nostra pace: non manchino pastori buoni e fedeli che conducano il popolo di Dio, talvolta confuso e disperso, alle sorgenti fresche e vivificanti della verità e della carità. Amen!