Mentre scrivo questa nota, non sappiamo se la piccola Indi Gregory sia già stata trasferita in un hospice di Nottingham per essere estubata e condannata alla morte per mancanza d’aria assicurata dalla ventilazione. La piccola, affetta da una rara malattia genetica, attualmente non guaribile, non ha subito tracheotomia, è alimentata con sondino naso-gastrico, e in questi otto mesi di vita ha mostrato segni di vitalità: ha regalato sorrisi, ha ascoltato musica, ha goduto gioiosa delle carezze della sorellina Vienna e dei suoi genitori. Eppure, per una decisione medica e giudiziaria, deve essere lasciata morire e privata delle cure essenziali: per il “suo migliore interesse”, per evitare sofferenze, i medici, dopo essersi rifiutati di applicare una terapia sperimentale, hanno deciso di sospendere le cure vitali e rifiutano ai genitori l’autorizzazione a portare la piccola in Italia dove l’ospedale pediatrico del Bambino Gesù si è offerto di accoglierla non con la pretesa di guarirla, ma provando nuove terapie, approfondendo la diagnosi della malattia e comunque offrendo cure palliative per il dolore e accompagnandola alla morte, come esito naturale di una vita molto fragile. Il governo italiano, dopo aver concesso alla piccola Indi la cittadinanza italiana, con la disponibilità a farsi carico delle spese per il trasporto in Italia della bimba, sta cercando, ancora in queste ore, di ottenere il trasferimento. Niente da fare: Indi è sottratta ai suoi genitori, che non hanno la libertà di scegliere dove curare la loro piccola, non possono neppure portarla a morire nella loro casa.
Ho richiamato i termini della drammatica storia di Indi Gregory perché, al di là delle valutazioni mediche, qui sono in gioco beni essenziali calpestati da uno Stato che assomiglia sempre più al “Leviatano” evocato dal filosofo inglese Thomas Hobbes: uno Stato che ha potere di vita e di morte sui suoi cittadini. I beni che qui sono conculcati sono la vita di una creatura umana, alla quale si rifiutano cure essenziali (ventilazione e alimentazione): davanti all’impossibilità di guarire, si rinuncia a curare. Ma quanti malati, di ogni età e condizione, sono curabili ma non guaribili! Con il paravento di un presunto accanimento terapeutico – che non sussiste nel caso di Indi – la medicina rinuncia alla sua missione e la magistratura inglese promuove un “favor mortis” al posto del naturale “favor vitae”. Inoltre si privano di fatto dei genitori della patria potestà, senza motivi che giustifichino una tale decisione, e si fa della loro bambina una “proprietà” dello Stato che legifera sulla sua vita e sulla sua morte.
In queste ore apriamo gli occhi e il cuore a ciò che sta accadendo alla piccola Indi e alla sua famiglia. Chi è credente alzi una preghiera per la salvezza di Indi e per la sua famiglia. Tutti, almeno idealmente, alziamoci in piedi per dire il nostro no: non vogliamo essere complici e corresponsabili della morte di Indi con il nostro silenzio e la nostra indifferenza. Non vogliamo che Indi si aggiunga alla schiera dei piccoli innocenti – Charlie Gard, Alfie Evans, Archie Battersbee, Sudiksha Thirumalesh – martiri di una cultura di morte.
Scegliamo di essere un popolo della vita e per la vita!
Pavia, 11 novembre 2023
+ Corrado vescovo
(Foto “Il Tempo”)