Missioni: la testimonianza di don Paolo Passoni in Romania

Mi chiamo don Paolo Passoni, nato nel 1966 e vissuto a Pavia fino al 2000, anno della mia entrata nel Seminario Diocesano Missionario “Redemptoris Mater” a Lugano, in Svizzera, dopo nove anni di lavoro nel settore dell’informatica.

Come mai in Svizzera? Concretamente la mia chiamata è maturata all’interno del Cammino Neocatecumenale, un itinerario di riscoperta del battesimo, frutto del Concilio Vaticano II, presente nella parrocchia che frequentavo, S. Maria della Scala. E all’interno di questo Cammino di fede ho potuto constatare che la vocazione non è un’iniziativa personale che parte dalle buone intenzioni personali di fare il bene, ma è legata alla verità della propria vita: non casuale ma voluta da Dio, la chiamata al sacerdozio da noi ha la specificità di essere missionaria, cioè comporta l’esigenza di seguire il Signore ovunque Egli chiami.

E per questo, una volta data la mia disponibilità, fui sorteggiato per uno degli allora 47 seminari “Redemptoris Mater” presenti nel mondo (ora più di 120), quello di Lugano. Così dopo otto anni di formazione in seminario e nove di servizio in Svizzera come amministratore parrocchiale di 16 piccole parrocchie in una valle sopra Locarno, nel 2017 parto in missione per raggiungere uno di questi seminari con l’incarico di vicerettore, a Satu Mare, in Romania, una città appena poco più grande di Pavia situata al confine con l’Ungheria.

La mia missione qui è legata all’essenza di questi seminari “Redemptoris Mater” di cui ora vi parlerò brevemente. Essi portano questo nome, “Madre del Redentore”, perché iniziati nel 1987, anno in cui il Santo Padre S. Giovanni Paolo II scrisse l’enciclica omonima. Da lui fortemente voluti e sostenuti, al servizio della “nuova evangelizzazione” – da lui altrettanto fortemente propugnata per un’Europa ed un mondo ormai prossimi ad abbandonare la fede cristiana -, si differenziano da quelli tradizionali diocesani per queste caratteristiche: sono internazionali, nel senso che vi entrano a far parte ragazzi provenienti da varie parti del mondo; sono diocesani, cioè costituiti sotto l’autorità del Vescovo diocesano; sono missionari, nel senso che qui i presbiteri vengono formati per amare e servire la Chiesa universale, cioè non sono solo al servizio della Diocesi di appartenenza, ma pronti ad essere inviati a tutte le parti del mondo, ovunque vi sia necessità (come il sottoscritto); ed un’ultima caratteristica, non certo meno importante, tutti questi seminari vivono solo ed esclusivamente di Provvidenza, cioè della generosità di Dio che si serve di persone concrete che li aiutano spontaneamente coi propri beni, senza ricevere alcuna retta o altri aiuti di tipo istituzionale.

Qui il mio compito è quello di aiutare il rettore don Andrea, mio compagno di Ordinazione, nella formazione dei nostri ragazzi (undici in tutto), affinché possano essere preparati a loro volta a vivere la missione alla quale il Signore li chiama, quella di vivere ed annunciare il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mt 28,19-20); disponibili ad essere inviati ovunque nel mondo, a volte in posti difficilissimi, imparando anche lingue nuove, come è accaduto a tanti nostri compagni; e, soprattutto, a continuare a vivere l’esperienza che si fa in seminario, confidando cioè solo ed esclusivamente nella provvidenza di Dio, senza alcuna altra sicurezza all’infuori del suo amore

. E, cari fratelli, è proprio questa una delle esperienze più belle che sto vivendo: poter “toccare con mano” Dio che provvede a noi anche nelle cose più piccole, ci fa trovare buste con soldi nella cassetta postale, fa pervenire donazioni da ogni dove in maniera perlopiù imprevedibile, ci circonda di fratelli e sorelle nella fede che ci aiutano per il cibo e per i vari servizi in seminario.

Un altro aspetto della mia missione qui in Romania consiste nel servire una “missio ad gentes” che si trova in una città a circa sessanta chilometri da noi, Baia Mare. Cos’è questa missio ad gentes e quale scopo ha? Per spiegarlo occorre dire che nel Cammino Neocatecumenale la missione è componente essenziale del suo DNA, e non riguarda solo noi sacerdoti e seminaristi, ma coinvolge anche varie famiglie, per lo più numerose, provenienti anch’esse da varie parti del mondo: qui da noi sono presenti famiglie dall’Italia, dagli Stati uniti, dal Messico, dalla Spagna, dal Venezuela, ecc., e le missio ad gentes di cui fanno parte hanno lo scopo di annunciare il Vangelo in un contesto molto difficile: infatti la Chiesa Cattolica in Romania è solamente una minoranza e parla quasi esclusivamente l’ungherese, in un paese dove la Chiesa Ortodossa, Chiesa nazionale, non possiede un grande slancio missionario-evangelizzatore, ma è fortemente conservatrice.

Qui la missione è quanto mai necessaria, in quanto ci troviamo in un contesto molto scristianizzato e con un retaggio ancora molto pesante dovuto alla dittatura di qualche decennio fa, retaggio che si vede ancora tristemente presente negli animi delle persone che, con una fede molto debole o inesistente, vivono deluse, amareggiate dalla vita, sconsolate, spente.

Lo strumento prezioso che la Chiesa utilizza per raggiungere questo tipo di persone è proprio la missio ad gentes, che è appunto un gruppo di famiglie e persone non sposate costituito dal Vescovo come “implantatio Ecclesiae”, cioè come un nucleo ecclesiale di base per seminare e far germogliare la Chiesa come comunità di fedeli in questo tipo di realtà spiritualmente povera.

Quella di Baia Mare è composta da tre famiglie relativamente giovani, una di provenienza statunitense-messicana con quattro figli, una messicana con sette (più uno in arrivo), ed una italiana con otto, più due sorelle laiche portoghesi come aiuto alle famiglie; e lo scopo della missio è essenzialmente quello dell’annuncio del Vangelo, per mostrare innanzitutto cos’è e come vive una famiglia cristiana, anche in relazione all’apertura alla vita, poi la bellezza della vita di fede in comunità, della condivisione, del servizio; e, quando la scomparsa del Covid-19 lo permetterà, usciranno anche nelle piazze e per le strade per annunciare l’amore di Dio ed invitare le persone alle catechesi di iniziazione alla vita cristiana che essi stessi terranno.

Per quel che posso vedere io, la sola esistenza della missio ad gentes di Baia Mare è un vero e proprio miracolo di Dio: persone tanto diverse, provenienti da realtà altrettanto diverse, ciascuna con i propri problemi, materiali e spirituali, che vivono insieme la vita di fede, celebrano la Parola e l’Eucaristia, discutono, si scontrano e poi si riconciliano, costantemente tentate di tornarsene a casa per le difficoltà con le lingue da imparare (il rumeno e l’ungherese) e le ristrettezze economiche (nessuno di loro lavora ma vivono degli aiuti inviati dalle loro comunità neocatecumenali d’origine), hanno problemi con i figli, in casa e a scuola (non solo per via della lingua ma anche per l’emarginazione ed i maltrattamenti in quanto stranieri), e il tutto reso ancor più pesante dalle chiusure e restrizioni dovute al Covid-19, con i figli sempre a casa, la scuola on-line, e via dicendo… beh, se non c’è Dio presente in questa realtà, che dà loro tutte le grazie necessarie, allora non so proprio come facciano a resistere!

Ed io, che li servo come presbitero, facendo assistenza spirituale e celebrando con loro l’Eucaristia ogni sabato, sto ricevendo molti doni da parte di Dio proprio grazie a questi fratelli: la loro testimonianza di fede, le loro sofferenze, la loro continua conversione e crescita spirituale, il loro perdere la vita in mezzo ad un “deserto” senza poter confidare in alcun altro all’infuori di Dio, che provvede anche a loro in modo meraviglioso, sta facendo molto bene anche a me, e più che dare… io sto ricevendo, molto, molto, molto!

Ecco cari fratelli, brevemente la mia esperienza in questa missione, penso sia la vita più bella che Dio potesse regalarmi, e a tutti voi che leggete vorrei rivolgere, a mo’ di conclusione, la celeberrima frase di S. Giovanni Paolo II nella sua prima omelia da Papa:

“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”, perché, a mio parere, spendere la vita al servizio di Gesù Cristo è l’esperienza più bella e più appagante che una persona possa fare su questa Terra!

don Paolo