L’omelia del vescovo Sanguineti per la festa di Tutti i Santi

La Chiesa, all’inizio del mese di novembre, ci dona di celebrare la festa di Tutti i Santi, di tutti gli amici di Cristo che ora vivono nella pienezza della gioia e della gloria: venerando «la moltitudine immensa» contemplata dal veggente dell’Apocalisse, «di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (Ap 7,9), noi vediamo il nostro futuro, sappiamo chi saremo, ciò che siamo chiamati a essere, riscopriamo il nostro destino infinito per il quale Dio ci ha voluti e creati, un destino di bellezza e di beatitudine in Lui, oltre il tempo, oltre la morte, oltre questa esistenza così fragile, ferita dalla sofferenza e dal peccato. In questi giorni, in queste ore dove, sgomenti e turbati, ascoltiamo le notizie degli eventi sismici, che toccano e sfigurano città e paesi della nostra Italia centrale, terra di grandi santi – San Benedetto con la sorella Santa Scolastica, San Francesco e Santa Chiara, Santa Rita da Cascia – avvertiamo, in modo drammatico, la nostra umana fragilità di creature, e ci ritroviamo impotenti, sopraffatti dalla forza della natura, di cui non siamo arbitri e signori assoluti! Com’è grande e com’è buona la madre Chiesa, nell’accostare la solennità luminosa e lieta di oggi, alla Commemorazione dei fedeli defunti, che vivremo domani, al loro ricordo che ci accompagnerà in questo mese di novembre, segnato dalla memoria dei nostri cari, che non sono più tra noi, dalla preghiera per loro, dalla visita alle loro tombe, con le nostre famiglie, con i nostri bambini. Senza rinnegare nulla della nostra umanità ferita, che, di fronte alla morte e all’apparente assurdità di certe prove, sente crescere dentro di sé domande e interrogativi più grandi della nostra capacità limitata di comprendere, siamo però provocati a guardare in faccia il nostro destino: chi siamo veramente? Che ne è di noi, in questa breve vita e oltre il confine misterioso della morte? Da dove possiamo trarre una speranza affidabile? E in fondo, che cosa ci sta chiedendo Dio, il santo mistero di Colui che è e che sta all’origine del nostro essere e del nostro vivere? Ecco, amici carissimi, proprio la Liturgia di oggi ci aiuta a rispondere a queste domande che urgono nel nostro cuore, sotto la pressione di ciò che sta accadendo in questi giorni, e la risposta non è un discorso, un insieme di «idee chiare e distinte», ma il dono reale di uomini e donne che ci hanno testimoniato e ci testimoniano un’umanità diversa, che condividono pienamente il dramma del nostro essere creature finite e mortali, segnate dall’oscurità del peccato, della sofferenza e della morte, eppure ci mostrano un’umanità lieta, sempre capace di ripresa, animata da una speranza invincibile, da una certezza di bene e di positività, dentro ogni situazione. Un’umanità che anche oggi desta un’attrattiva, tanto che vorremmo essere anche noi così! Pensiamo nei nostri tempi l’attrattiva e il fascino che sanno suscitare grandi testimoni, come San Giovanni Paolo II e madre Teresa di Calcutta, e tra noi San Riccardo Pampuri e il servo di Dio Don Enzo Boschetti, o giovani innamorati di Cristo, come Carlo Acutis, la Beata Chiara Luce Badano, o giovani sposi, come Chiara Corbella, vissuti in questi anni; pensiamo ad amici e testimoni che ci è dato d’incontrare nelle nostre comunità nelle nostre famiglie, nel nostro cammino. Questi sono i santi, noti e ignoti, grandi e piccoli, che da sempre arricchiscono il cammino della Chiesa: fratelli e sorelle, che sentono e vivono la nostra condizione umana, ma che fanno trasparire nella loro carne, nel loro volto, nel loro modo di essere, di giudicare e di agire una Presenza che ha vinto la morte, che dà un significato nuovo e positivo anche alla sofferenza, che con misericordia inesauribile, perdona il peccato e crea un cuore puro, capace di un amore gratuito e bello. Abbiamo ripetuto al salmo responsoriale: «Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore». Siamo noi questa generazione, che attraverso tutte le circostanze liete e dolorose, cerchiamo il Tuo volto, Signore, cerchiamo il volto del Mistero. Ma anche i Santi sono uomini che hanno cercato il volto del Signore, e l’hanno incontrato e riconosciuto, amato e seguito nel volto di Cristo, il crocifisso risorto, nel suo Vangelo e in lui hanno imparato un nuovo modo d’essere uomini. Nella prima lettura, l’autore dell’Apocalisse, contempla così i santi, ormai giunti alla mèta della salvezza: «Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello”» (Ap 7,9-10). E riceve la risposta di uno degli anziani che così afferma di loro: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,14). Sono avvolti dalle vesti candide, da un’umanità pura, perché purificata dal sangue dell’Agnello, dall’amore crocifisso di Gesù, e hanno attraversato la grande tribolazione, la tribolazione che nasce dalla fedeltà a Cristo, vissuta anche fino al martirio, come accade per tanti nostri fratelli nella fede, e portano palme nelle mani, segno della vittoria contro il peccato e la morte, vittoria dell’Agnello in loro, del Signore risorto! Dietro queste immagini e questo linguaggio per noi un po’ strano, c’è la realtà che possiamo vedere e toccare con mano nella testimonianza vivente dei santi, ed è una realtà dove stanno insieme sofferenza e vittoria, purificazione e gioia: certo, non ci viene svelato tutto il mistero che si nasconde negli accadimenti umani della nostra storia e della nostra vita e restano le nostre domande, che consegniamo con fiducia nella preghiera al Dio della vita, che in Gesù si è mostrato come Dio con noi e per noi. Come Gesù proclama nelle beatitudini, è un Dio che sta dalla parte dei poveri in spirito, di quelli che sono nel pianto, dei miti, di quelli che hanno fame e sete della giustizia, dei misericordiosi, dei puri di cuore, degli operatori di pace, di tutti i perseguitati per la giustizia e per la fede. In queste ore, che cosa ci chiede il nostro Dio, attraverso anche gli avvenimenti drammatici che segnano il nostro presente? Non ci chiede ci capire tutto, o di avere una risposta chiara per tutto! Ci chiede di riconoscerci come creature di fronte a Lui e di consegnare a Lui, nell’umiltà della preghiera, i nostri interrogativi, le nostre ferite, le nostre sofferenze. Ci chiede di fidarci di Lui, di vivere tutto, senza distogliere lo sguardo dal suo Figlio crocifisso e risorto. Ci chiede di contemplare ogni giorno il volto dei Santi, per trovare in loro conforto e riposo e imparare da loro a vivere la novità del Vangelo. Ci chiede di condividere le prove dei nostri fratelli e sorelle, vicini e lontani, portando nella preghiera la loro sofferenza, e cercando di soccorrerli nei loro bisogni, come possiamo: comunque di non restare indifferenti, di lasciarci ferire dal loro dolore! Che Maria, madre e regina di Tutti i Santi, ridesti in ognuno di noi il desiderio della santità, il desiderio di essere uomini e donne che vivono all’altezza del loro cuore e del loro destino eterno! Amen
 
+ Mons. Corrado Sanguineti
Vescovo della Diocesi di Pavia