Mons. Giudici, Messa in Duomo nel decennale del suo ingresso

Mons. Giovanni Giudici ha celebrato domenica 12 gennaio alle 17 nella Cattedrale di Pavia (con diretta a Radio Ticino Pavia, Fm 91.8 – 100.5) la Santa Messa in occasione del decennale del suo ingresso solenne nella nostra diocesi, avvenuto l’11 gennaio 2004. Un momento importante, per il nostro vescovo e per l’intera comunità diocesana. A questa ricorrenza è dedicato anche l’editoriale pubblicato sull’ultimo numero de “il Ticino” (che potete trovare in tutte le parrocchie e le edicole della diocesi di Pavia), firmato da Roberto Dionigi. Un editoriale che proponiamo anche ai lettori del nostro sito.

Abbiamo sempre la tentazione di vivere gli anniversari come l’occasione per fare un’analisi di quanto è stato fatto, ponendo sotto giudizio quanto è stato compiuto e soprattutto considerando mancante quanto non abbiamo visto realizzato e che invece avremmo voluto realizzato. Proprio ponendoci come osservatori neutrali dall’alto di un colle da cui giudicare questo, quell’altro e quell’altro ancora. Può essere certamente un comportamento legittimo ma non è detto che sia l’unico. Il tempo trascorso può invece porci in una condizione di interrogativo nei riguardi di noi stessi con una domanda di sfondo che in realtà ci interpella quotidianamente: “che cosa ha a che fare ciò che sto facendo o dicendo con l’annuncio evangelico?… il Vangelo è una realtà primaria che sta alla base di tutto, va prima di ogni cosa vissuto e poi comunicato”.
La persistenza di questo interrogativo nella quotidianità costituisce lo stile di vita che, parlo per i laici, ha caratterizzato la testimonianza di grandi personaggi laici della vita ecclesiale, si pensi ad esempio a Giuseppe Lazzati.
Per questo motivo tutto questo diventa più attuale al termine del decennio di episcopato del nostro Vescovo Giovanni che così ci esortava:” sono persuaso che sia necessaria una più approfondita conoscenza della vocazione e della responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo” (Lettera pastorale “Un popolo di testimoni”, p.22). E’ stata adeguata la risposta a questa sottesa fiducia e responsabilità affidataci?
Siamo instradati in un cammino dove, con un contributo di dialettica e concordia (non è certo un ossimoro), ma soprattutto di competenza, “sviluppare la responsabile e competente presenza dei laici cristiani nella Chiesa e nella società?”. Credo sia proprio questo uno dei temi che ci è stato dato da sviluppare in questi ultimi anni. Saper accettare le sfide che la società ci propone “riconoscendo l’importanza dei temi della giustizia e della solidarietà, dello spazio del bene comune e della irradiazione del significato che il Vangelo dà non solo alle vite delle singole persone, ma anche della società stessa”.
E’ stato un invito pressante, continuo del nostro Vescovo che ci ha accompagnato in più occasioni di incontro comune.La riapertura della Cattedrale ha poi riconsegnato alla comunità uno spazio non solo fisico ma soprattutto spirituale perché ritornasse centro simbolico della vita diocesana per recuperarne il suo senso comunitario. Solo recuperando la centralità della preghiera in comune, noi laici, e forse non solo noi, recupereremo credibilità e profezia all’interno di una società che, pur lanciando provocatorie sfide, è certamente aperta ad un ascolto intelligente e razionale di un maturo discernimento comunitario. Consapevoli e lieti, come recentemente ha detto Papa Francesco in occasione del ringraziamento della canonizzazione del sacerdote gesuita Pietro Favre, che la “profezia fa rumore , chiasso, qualcuno dice casino. Ma in realtà il suo carisma è quello di essere lievito: la profezia annuncia lo spirito del Vangelo.” Una Chiesa attrattiva.” Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere”. Senza paura di sbagliare: “La vita è complessa , è fatta di grazia e di peccato. Se un uomo non pecca non è uomo. Tutti sbagliamo e dobbiamo riconoscere la nostra debolezza”. Il dialogo a cui Papa Francesco ci sta educando ben si addice a questa assunzione di responsabilità che il nostro Vescovo Giovanni ci richiede. Prepararsi per accettare le sfide che le culture contemporanee ci propongono, non sottrarsi e “imparare a dare una valutazione dei fatti e delle situazioni in nome della sapienza evangelica” così come i Padri conciliari ci hanno insegnato ( Lettera pastorale “ Riconoscere e servire l’opera del Signore” , p. 9).
Non sottraiamoci dunque alla ricchezza e alla bellezza di questo momento di Grazia che, a Dio piacendo, ci è dato da vivere: guidati da Papa Francesco e accompagnati dal Vescovo Giovanni arriveremo a riconoscere che “Tutto era dono, tutto era Grazia ed era bello il panorama attraverso il quale siamo passati” (Paolo VI).

Roberto Dionigi