Il nuovo Anno Pastorale si aprirà il 24 settembre: “Come mai questo tempo non sapete valutarlo?”

Considerate le norme anticovid attualmente in atto, anche la solenne apertura dell’Anno Pastorale della Diocesi di Pavia sarà differente dagli anni passati. E fortemente improntata al trarre insegnamento da un’esperienza difficile (se non a tratti dura da comprendere) come quella dell’epidemia di Coronavirus. A guidare i fedeli nel nuovo Anno, come ha sottolineato il Vescovo di Pavia, Mons. Corrado Sanguineti, saranno due elementi: l’Eucaristia, tema che prosegue dal 2019 e finito un po’ sottotraccia proprio a causa della pandemia e un’ispirazione proposta dal Vangelo di Luca che interroga tutti sulla incapacità umana di comprendere a fondo il significato di ciò che si vive. Centrali, in questo tempo di “post chiusure” e di tentativi non semplici di ripresa, diversi elementi: l’impegno corale dei sacerdoti a lavorare insieme per comprendere e offrire ai fedeli chiavi di lettura improntate alla speranza, ma anche l’aiuto alla gente, il sostegno a tante famiglie in difficoltà e la costante attenzione educativa verso bimbi e ragazzi, che incarnano lo sguardo umano verso il futuro.

L’Anno Pastorale che verrà: “Occorre riflettere su quanto è accaduto e guardare al futuro con speranza, imparando ad affidandosi a Dio”

  • Eccellenza, sta per aprirsi il nuovo Anno Pastorale: quale ispirazione ci guiderà tenendo conto di quanto accaduto nel 2020? E a quale tematica sarà dedicata la nuova Lettera Pastorale?

“In questi mesi abbiamo avviato una riflessione post-lockdown all’interno dei vari vicariati diocesani coinvolgendo tutti i nostri sacerdoti: stiamo ragionando insieme sull’esperienza umana e cristiana del Covid intorno a due domande di fondo che avevo scritto nella lettera indirizzata al clero in occasione del Giovedì Santo; ho voluto, infatti, domandare loro qual è il messaggio che Dio ha voluto darci attraverso l’esperienza di questi mesi e quali interrogativi nascono lungo il nostro cammino di Chiesa, sia per l’oggi che per il domani. A partire da queste domande è stato preparato un sussidio già in fase di utilizzo utilizzato nei vicartiati per specifici incontri con i nostri sacerdoti: questo confronto culminerà nell’Assemblea del clero fissata per il 20 settembre che costituirà un primo momento di riflessione e di sintesi su questo tema.
Contemporaneamente, proprio in questi giorni, sta arrivando in ogni parrocchia il calendario pastorale che quest’anno si ferma però alla fine di dicembre: contiene i nostri appuntamenti essenziali ed è accompagnato da un mio messaggio nel quale raccomando che i prossimi mesi di autunno siano vissuti come un tempo di rilettura e discernimento sia sull’esperienza vissuta che sull’iniziale ripresa con lo scopo di domandarsi che cosa significa essere Chiesa in questo tempo. A fine settembre consegnerò anche una piccola Lettera Pastorale nella quale cercherò di raccogliere in parte le riflessioni emerse già dal lavoro con il clero e poi una mio breve commento di accompagnamento. La tematica la raccolgo da un passo evangelico di Luca (12:54-59): ‘In quel tempo, Gesù diceva alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?’. La domanda che ci poniamo è quindi come fare per imparare a valutare il tempo senza disperderne l’essenzialità? Un’altra parola che mi risuona in mente in questo tempo è quella del Salmo 90, Versetto 12: ‘Insegnaci a contare i nostri giorni, raggiungeremo la sapienza del cuore’, con il senso di saper pesare i giorni che viviamo dando loro la giusta importanza”.

  • Quali sono le tematiche essenziali e ormai legate alla pandemia su cui si desidera porre l’attenzione?Il lavoro di riflessione portato avanti vuole dunque rivolgere l’attenzione a quattro aspetti messi in luce dall’esperienza del Covid e prima di tutto interrogarsi sui nostri stili di vita e le loro illusioni. Penso che sia necessario riscoprire ciò che vale davvero, riscoprire il primato di Dio senza il quale la vita manca di prospettiva. E’ recente la notizia degli ultimi dati Istat relativi al continuo calo demografico italiano: è come se la vita perdesse di prospettiva e di significato, mancano ragioni di vita e di speranza e dire che non si hanno figli per questioni economiche è solo raccontare una parte della complessa questione. Il secondo tema è legato al lasciarsi interpellare dall’esperienza della malattia e della morte che nel nostro mondo prima era sistematicamente messa da parte ma che oggi è tornata in rilievo: il Covid, infatti, ce l’ha rimessa prepotentemente di fronte e la Parola del Vangelo ha un messaggio unico da diffondere in questo caso! Il terzo elemento è la valorizzazione e la motivazione radicale di quella esperienza di solidarietà e condivisione ricca e multiforme che si è messa in moto durante la pandemia con tanti esempi di bene: è importante valorizzare e motivare questi accadimenti perché il rischio è che tutto rimanga un semplice impeto emozionale o che si riduca a semplice filantropia destinata a terminare una volta finita l’emergenza. Il quarto tema è l’interrogarci anche sul come vivere la trasmissione della fede oggi partendo pure dalle vie della comunicazione digitale che sono state ampiamente utilizzate durante la pandemia. Oggi, infatti c’è una doppia questione: da una parte c’è l’esigenza di un aspetto comunitario e di condivisione della fede e dall’altra una sorta di istinto alla personalizzazione che in certi casi diventa anche privatizzazione.”

 

  • L’inaugurazione del nuovo Anno Pastorale: chi sarà ad accompagnare la comunità pavese quest’anno nell’appuntamento di presentazione?

“Non ci sarà un ospite preciso ma ad accompagnarci sarà il tema di fondo, dunque quello di valutare con attenzione il tempo che stiamo vivendo, tenendo sullo sfondo di questo percorso condiviso la centralità dell’Eucaristia che è il cuore di tutto dallo scorso anno, anche se a causa di quanto è accaduto è rimasto un po’ sospeso. Quest’anno, tra l’altro, con il periodo di Avvento, ci sarà l’introduzione del nuovo Messale, occasione per valorizzare il senso proprio della liturgia e dell’anno liturgico come fondamentale percorso di fede. Si tratta di un lavoro in atto iniziato anche dai nostri sacerdoti che si allargherà presto a tutte le comunità; è una sorta di ‘work in progress’, un lavoro partecipato e complesso che merita le giuste attenzioni e il giusto risalto.

  • Considerate le norme anti-covid, come si svolgerà l’apertura dell’Anno Pastorale solitamente fissata per l’autunno?

“Sarà un gesto semplice: la sera di giovedì 24 settembre alle ore 21 ci sarà la celebrazione in Duomo, presieduta da me, come convocazione ed espressione della Chiesa di Pavia che riprende il cammino dell’Anno Pastorale. In quell’occasione consegnerò la Lettera pastorale con lo scopo di accompagnare questo lavoro di discernimento e di ripensamento: la darò ai rappresentanti delle parrocchie, dei movimenti e delle comunità religiose che saranno presenti in Cattedrale. Se le condizioni saranno quelle attuali ci saranno solo i rappresentanti, diversamente, e me lo auguro, ci potranno essere i fedeli ed in generale chiunque voglia vivere questo momento di inizio di cammino comunitario. Con questo semplice momento di condivisione la chiesa di Pavia riprende la strada dell’Anno facendo tesoro dei fatti e delle esperienze vissute e rileggendo il presente e il futuro lasciandosi interpellare dalla domanda di fondo a cui si accennava all’inizio. La Lettera Pastorale la scriverò solo dopo l’Assemblea del clero lavorando sulle sintesi preparate dai parroci e dai Vicari.

  • Veniamo alle parrocchie diocesane: a che punto siamo con le Unità Pastorali? Riprenderà la visita pastorale?

“Ovviamente il lockdown ha bloccato tutto, ma è necessario riprendere ciò che era iniziato già precedentemente. Come si sarà notato, ci sono numerosi avvicendamenti in atto: la ragione è quella di potenziare le forze soprattutto nelle parrocchie delle città e questo è importante per dare una forma più definitiva ad esperienze di collaborazione già iniziate in precedenza: mi riferisco per esempio alle parrocchie di San Carlo Borromeo e di San Pietro oppure a quelle di Fossarmato, don Orione e Sant’Alessandro; l’Unità Pastorale non è, come viene spesso interpretato erroneamente, l’annullamento delle parrocchie ma costituisce un concepirsi dentro una realtà più ampia fatta di risorse condivise e di lavoro comune, in diverse zone già in atto da tempo. L’idea è quella di andare avanti in questa direzione: certi avvicendamenti che ci sono stati servono proprio per poter proseguire con questo tipo di esperienza”.

Il tempo estivo tra ferie e timori da pandemia, tra fragilità e ricerca di serenità (con uno sguardo al mondo educativo e scolastico)

  • Eccellenza, la voglia di tornare alla normalità caratterizza il periodo dell’estate: come ci suggerisce di vivere questo tempo particolare?“La stagione estiva di questo martoriato 2020 coincide con un tempo di lenta e progressiva e faticosa ripresa. Mi pare importante evitare due atteggiamenti estremi a mio parere abbastanza presenti: il primo è un atteggiamento di superficialità e irresponsabilità, quasi che si volesse dimenticare in fretta il tempo dell’epidemia da cui forse non siamo ancora usciti. Nonostante sia un desiderio comprensibile, ritengo che sia un atteggiamento rischioso: far finta che non ci sia stato niente, tornare alla vita di prima e abbandonare certe precauzioni in maniera avventata può essere pericoloso sia per noi stessi che per gli altri. L’altro atteggiamento è contrario, ovvero quello di seminare timori e paure ingiustificate. Mi pare che certi messaggi dalla stampa, dalla politica ed a volte anche dai cosiddetti esperti siano contraddittori: di certo questo non aiuta la gente a comprendere come sia invece necessario riprendere i rapporti mantenendo le precauzioni che tante volte ci sono state ripetute. Mi colpiva un recente articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera, nel quale si diceva con semplicità che dobbiamo di fatto fatto convivere, fino a che non arriverà il vaccino, con un virus presente tra noi ma non con la stessa forza di prima: ad aiutarci ci sono nuove terapie e sul virus sappiamo molto di più; insomma, dobbiamo essere capaci di riprenderci vita e gestire una nuova normalità. D’altronde, l’emergenza funziona per un po’ di tempo ma non può durare anni: lo stesso Chuchill scelse di proseguire con le scelte emergenziali quando non era più tempo e la risposta negativa a livello politico non tardò ad arrivare”. Se un’emergenza dura un anno e mezzo non è più un tale ma diventa qualcosa da controllare con cui dobbiamo imparare a convivere”.

 

  • Anziani e giovani sono due categorie particolari, forse quelle che hanno maggiormente subito i danni del lockdown: un pensiero anche per loro?

“Tanti parroci mi raccontano che sono proprio gli anziani ad avere ancora timore di uscire dalle loro abitazioni, nonostante oggi il pericolo sia notevolmente diminuito. Credo che sia importante da parte di tutti avere un’attenzione concreta agli anziani: sarebbe bello che ciascuno di noi ‘adotti un anziano’, quello che magari ci abita accanto, andandolo a trovare, a salutare con una telefonata, con un piccolo favore. Immagino che questa estate parecchie famiglie non andranno in ferie e la città probabilmente si svuoterà meno degli anni scorsi ma ci saranno giorni in cui gli anziani rischieranno di rimanere soli e avere per loro un’attenzione significa farli sentire preziosi; è un gesto comunitario che fa bene al cuore.
Un’altra realtà su cui, a mio parere, è necessario avere una grande attenzione è la famiglia: credo che le famiglie italiane abbiano dato una buona prova di sé durante la pandemia, hanno manifestato una forza e una resilienza che ha stupito; ciò che abbiamo visto ci dice che la famiglia è una risorsa da valorizzare e da sostenere e su questo credo che lo Stato debba fare presto dei passi. Anche noi, come Chiesa, dobbiamo avere una continua e grande attenzione per la famiglia, che è la culla della vita e il luogo dove si trovano ragioni di speranza. Infine, il mio grazie sentito a chi è riuscito ad organizzare l’ottima esperienza dei centri estivi: preziosa la collaborazione con i comuni, le associazioni e le agenzie educative. Penso sia fondamentale investire energie e personale per l’educazione: la vera risorsa del presente e del futuro è costituita dalle persone che compiono esperienze educative significative; e non va dimenticato il ruolo della scuola, che considero il primo investimento uno stato gioca le sue capacità di investimento sul futuro”.

(Si.Ra.)

(Intervista pubblicata sul settimanale diocesano “il Ticino” di venerdì 31 luglio).