Al Carmine il funerale di Carlo, il senzatetto amato dai pavesi

L’omelia di don Dario Crotti, direttore di Caritas Pavia

  E’ stato celebrato la mattina di mercoledì 17 luglio nella chiesa di Santa Maria del Carmine, a Pavia, il funerale di Carlo, il senzatetto morto lo scorso 20 maggio davanti al suo rifugio di viale Campari a Pavia (la foto del funerale è di Tullio Facchera, ndr). A concelebrare il rito funebre sono stati don Daniele Baldi, parroco del Carmine, e don Dario Crotti, direttore della Caritas diocesana; fra Celestino, dei frati di Canepanova, ha curato i canti. La morte di Carlo, provocata da un malore, ha destato commozione tra le tante persone che ogni giorno lo incontravano: se ne è avuta conferma nel funerale, molto partecipato e curato con grande attenzione dalla parrocchia del Carmine . Negli ultimi tempi le sue condizioni erano peggiorate, ma Carlo aveva rifiutato aiuti, un sostegno per un ricovero in ospedale e anche un posto in dormitorio. Per i Servizi Sociali del Comune di Pavia era Carlo Martini, nato nel 1944; per l’anagrafe di Milano era Carlo Marmonti, classe 1941. Dopo il funerale, la salma di Carlo è stata tumulata nel cimitero di San Giovannino.

Ecco, di seguito, l’omelia di don Dario Crotti:

 Caro Carlo, Carlino come con tanti amici preferivamo chiamarti,

come vedi al compimento della tua vita raccogli un frutto di amicizia, vicinanza e Amore che forse nè tu nè tutti noi potevamo nemmeno immaginare; siamo qui tanti, diversi, con tante storie e sensibilità che tu sei riuscito a comporre, a unire facendo emergere per la nostra città e comunità ecclesiale qualcosa di bello e di vero: il farsi prossimo di cui proprio domenica scorsa nella parabola del samaritano il Vangelo ci raccontava.

Ti portiamo con don Daniele i saluti e le preghiere del nostro Vescovo. Mons. Corrado, e di don Luca Massari che hai conosciuto ancora prima di diventare sacerdote.

Oggi per questo saluto e arrivederci, abbiamo voluto scegliere il brano delle Beatitudini, una parola di Gesù di quelle che davvero ci spiazza, ci prende in contropiede perché ci fa vedere la Vita, la nostra, quella di Dio e di tutti i nostri fratelli vicini e lontani, in un modo completamente diverso, proprio capovolto. Ci spiazza come tu ci hai sempre spiazzato, smontando tutti i nostri schemi, calcoli, progetti anche se potevano essere di accoglienza e disponibilità, mostrandoci che l’altro è tale proprio quando non  lo possiamo ridurre a come noi lo vorremmo: di questo ti siamo grati.

Per dirla in un altro modo, come è scritto in un bel brano delle Scritture, nella Parola che Dio dice al profeta Samuele mandato a scegliere il nuovo Re, “L’uomo guarda l’apparenza, ma il Signore guarda il cuore”(1 Sam. 16,7).

All’apparenza la tua poteva “sembrare” una vita ai margini, ma in realtà, e lo si è capito subito da quel lunedì mattina quando sei tornato nella casa del Padre, era al centro di tante altre vite: la signora che ti portava qualcosa da mangiare, la studentessa che scriveva “ti vedevo tutte le mattine andando a scuola dal pullman, mi mancherai”, chi ha scritto “il tuo sguardo trasmetteva bontà e gentilezza, tornando a casa, la sera,  mi sentirà più sola”: allora tutto questo ci fa dire una serie di cose, semplicemente per dirti GRAZIE, perché sei stato capace di educare, di tirare fuori dai nostri cuori il meglio:

  • se all’apparenza eri un uomo senza casa, in realtà tu hai abitato la città meglio di tanti altri; non si abitano spazi, ma relazioni, e tu in queste sei stato davvero un grande; la tua è stata una grande capacità di apertura e di disponibilità verso chiunque passava, e tutto questo nonostante la vulnerabilità di chi indifeso abitava quel pezzo di strada, di marciapiede;
  • se all’apparenza oggi vanno avanti solo quelli che sono arroganti, che con le parole agitano i cuori per minacce, violenza, e sono sempre contro qualcuno, la tua è sempre stata una parola gentile di tenerezza; sei stato quella rivoluzione della tenerezza di cui le beatitudini e anche Papa Francesco ultimamente ci parla in continuazione: alla durezza di chi crea muri e barriere, tu hai preferito il linguaggio gentile di chi crea ponti, unione, prossimità e calore; chi veniva da te, lo ricordo quando con i giovani del mercoledì sera venivamo a trovarti, usciva sempre con un sorriso per una parola gentile; avresti potuto avere sempre mille motivi per lamentarti, ma alla domanda “ciao Carlo come va? La tua risposta era sempre “bene bene e voi?”; alla domanda hai bisogno qualcosa “no grazie” era sempre la tua risposta”; una bella lezione; noi spesso, io per primo ci lamentiamo, non va mai bene niente, non ci accontentiamo mai, crediamo che la felicità e la beatitudine sia nell’ avere sempre di più, nel possesso di cose e di altri, invece tu ci hai insegnato con i fatti e non con le parole, che non è così che è proprio il contrario; non è trattenendo per noi, ma aprendo le mani e lasciando andare che ci si ritrova;
  • Il tuo sguardo; il tuo sguardo trasmetteva dolcezza, fiducia e tenerezza; questo sguardo è stato un dono per chi ti ha incontrato, ho in mente soprattutto i giovani, che non rimanevano indifferenti dopo averti incontrato e per i quali pur senza saperlo sei stato un aiuto; un incoraggiamento nelle difficoltà, un educatore che faceva pensare e riflettere, che invogliava tutti a uscire da se stessi e andare incontro all’altro; con te non erano importanti le cose che ci si scambiava, ma il tempo trascorso insieme e anche a noi hai insegnato che la Carità, l’ Amore, non è questione di cose date e scambiate, ma di tempo donato e condiviso, di perdere tempo insieme; anche su questo ne abbiamo di strada da fare;
  • Il tuo rapporto con Dio: ne abbiamo parlato qualche sera, e dicevi semplicemente “questo è un discorso complicato”, ti chiedevo qualche volta se alla Messa ci andavi, soprattutto sotto Natale e Pasqua, ma tu insistevi nel dire che l’argomento era davvero delicato; una volta una battuta, simpatica, quando ti ho presentato don Luca, che non era ancora prete e gli hai detto “preparati, a sentire tutte le balle che ti diranno in confessionale, ci vorrà una bella pazienza”, anche per questa simpatia ti ringraziamo di cuore;
  • La tua bicicletta, compagna inseparabile, con la quale ti muovevi, uscivi e rientravi nella tua base; non possiamo dimenticarla, e abbiamo saputo che ci verrà donata, come ricordo di te, chi ci invita a metterci sempre in cammino, a pedalare;

Caro Carlo, finisco, forse con quella che doveva essere la premessa: non è facile parlare di una persona che di parole ne ha dette poche, ma che primariamente sapeva tacere e ascoltare, guardare il mondo con gli occhi della tenerezza e dell’ Amore: grazie per tutto questo, e sicuramente per il tantissimo altro che sei stato, oltre le apparenze: senza casa? No tu hai abitato benissimo la città! Povero? No tu eri e sei ancora ricco di umanità e di Amore che è l’anima della Vita! AI margini? No perché tu sei ancora oggi al centro di tanti cuori, dei nostri cuori! Nel ringraziare te a nome di tutta la Caritas e la Chiesa di Pavia, permettimi di dire grazie a tutte le persone che ti sono state e ti saranno sempre vicine:

grazie alla signora che telefonava preoccupata per la tua salute, e che ti portava la minestra, grazie al barista gentile che ti dava non solo il caffè, ma un accoglienza fraterna, grazie alla studentessa e allo studente, che hanno condiviso il saluto, ancor prima di conoscersi,  grazie ai giovani, che non hanno paura di uscire per incontrare il prossimo, grazie a don Daniele che ha detto subito ci sono, ci siamo come parrocchia del Carmine per preparare il saluto a Carlo e pregare insieme, grazie a chi in tutti i modi ha voluto essere presente oggi per dirti quanto ti volevano bene, negli  infiniti modi che non verremo mai a sapere fino in fondo; grazie perché verso Carlo siete state madri, sorelle, padri e fratelli, testimoniando che siamo ancora vivi, che il miracolo di Dio di toglierci il cuore di pietra e donarci un cuore di carne, tramite il nostro fratello Carlo è ancora possibile.

(Foto di Tullio Facchera)

Don Dario Crotti

(Direttore Caritas Pavia)