Maria a Fatima: una profezia per il nostro tempo

Quest’anno ricorre il centenario delle apparizioni della Vergine ai tre pastorelli di Fatima, piccolo villaggio del Portogallo: due di essi, Francesco e Giacinta Marto, avevano nel 1917 rispettivamente nove e sette anni, e morirono pochi anni dopo, Francesco nel 1919 e Giacinta nel 1920; beatificati da San Giovanni Paolo II nel suo viaggio a Fatima il 13 maggio 2000, saranno proclamati santi da Papa Francesco, che sarà pellegrino nel Santuario della “Virgen” il 12-13 maggio prossimi. Due santi bambini, dunque, che hanno vissuto con profondità e intensità straordinarie il messaggio consegnato loro dalla Madonna, nel breve cammino della loro vita. Accanto a loro, in quel lontano 1917 vi era la cugina Lucia dos Santos, vissuta invece molto a lungo, essendo mancata il 13 febbraio 2005 come suora carmelitana, nel convento di Coimbra; anche per lei è stata aperta la causa di beatificazione. Già la santità dei piccoli veggenti è un segno che invita a non passare oltre, con troppa facilità, di fronte agli eventi di Fatima, perché, se è vero che le apparizioni, di cui è ricca la storia cristiana, riconosciute dalla Chiesa non aggiungono nulla di sostanziale al Vangelo e al deposito della fede, e non sono oggetto di fede divina, è altrettanto vero che, quando sono autentiche e manifestano una chiara fecondità nella vita dei credenti, appartengono, in certo modo, al carisma della profezia: sono perciò una via con cui Dio rende nuovamente viva la sua parola, dentro un particolare contesto umano e sociale. 
Da questo punto di vista, il messaggio di Fatima, per le sue circostanze, per la prospettiva storica che racchiude, per l’importanza riconosciuta da numerosi Pontefici, dal Servo di Dio Pio XII ai Papi che si sono fatti pellegrini al luogo degli eventi (il Beato Paolo VI, San Giovanni Paolo II, ben tre volte, Benedetto XVI e ora Francesco), acquista un’oggettiva rilevanza e ha ancora molto da dire per il nostro presente e futuro.

La storia di martirio che ha segnato la Chiesa
Il Papa emerito, nella sua omelia a Fatima il 13 maggio 2010, affermava: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». In effetti, con linguaggio e immagini adeguati per tre bambini di un piccolo villaggio portoghese, di umili condizioni, vissuti cento anni fa, Maria ha rappresentato la storia di martirio che avrebbe segnato, in modo particolare, la Chiesa nel secolo ventesimo, con le persecuzioni e le sofferenze scatenate dai regimi totalitari del comunismo e del nazismo. È un martirio di sangue, d’immani proporzioni, che ha accomunato cristiani di ogni confessione, che ha condotto alla morte centinaia di vescovi, sacerdoti, persone consacrate, semplici fedeli, e che è arrivato a toccare anche la persona del Papa, nell’attentato a San Giovanni Paolo II, avvenuto proprio il 13 maggio 1981. Ma questa storia di martirio non è finita: certo le “ideologie del male” sono in gran parte tramontate, e negli anni 1989- 1991 abbiamo assistito al crollo non violento del sistema sovietico. Ciò ha reso possibile la libertà per tanti popoli e la rinascita di comunità cristiane, spesso costrette alla clandestinità, anche se nel nostro mondo restano in vita regimi d’ispirazione comunista, che limitano la libertà religiosa dei cristiani e di ogni credente. Tuttavia, come ricorda continuamente papa Francesco, oggi i martiri cristiani sono più numerosi che nei primi secoli, e c’è un ecumenismo nel sangue, che trova tanti testimoni, purtroppo nell’indifferenza di molti: pensiamo in questi anni ai martiri del fondamentalismo religioso in varie nazioni, in Medio Oriente, in Africa (Nigeria, Somalia, Yemen), in Asia (episodi di persecuzione in Pakistan, in zone dell’India, in Indonesia), pensiamo alla violenza folle e disumana con cui i guerriglieri del sedicente “Stato islamico” (Isis) si sono accaniti contro luoghi e fedeli cristiani; ma anche nelle nostre democrazie europee, non mancano segni d’intolleranza, per chi dissente dal “pensiero unico” soprattutto su certi temi etici, segni di discriminazione o di sottile derisione per chi è cristiano e osa manifestare la sua fede, in nome di una supposta laicità. Inoltre, se a Fatima Maria chiese la preghiera per la pace – negli anni del tremendo primo conflitto mondiale – e indicò i semi di future guerre e violenze, l’appello per la causa della pace è tuttora attuale, in questi tempi in cui, secondo Francesco, stiamo assistendo a «una terza guerra mondiale fatta a pezzi», e in cui si addensano nubi oscure sull’orizzonte; e il futuro della nostra terra è ancora a rischio, per la follia degli armamenti nucleari, per le devastazioni realizzate dall’uomo nell’ambiente, e la stessa identità dell’uomo può essere alterata e decostruita da certe forme della biotecnologia, dalla ricerca del “post-umano”, nel tentativo di elaborare forme sempre più simili a quelle umane nell’intelligenza artificiale e nella robotica.

I tre richiami del messaggio di Fatima
Maria a Fatima, attraverso la limpida testimonianza dei tre pastorelli, è venuta a riproporre il Vangelo come via di salvezza: solo se gli uomini e le donne del nostro tempo sapranno ritornare al Dio vivente, che è amore, sorgente di giustizia e di misericordia, troveranno la via della pace autentica e della gioia vera, nel tempo e nell’eternità. Tante tragedie e sofferenze, nel secolo ventesimo, sarebbero state risparmiate, se l’appello della Vergine fosse stato accolto: la storia, infatti, non è il terreno di un destino prefissato, ma è il luogo della libertà, dove il disegno di Dio, per realizzarsi, chiede la libera adesione e collaborazione delle sue creature. Allora, in questo centenario delle apparizioni mariane a Fatima, è bene metterci nuovamente in ascolto del messaggio consegnato allora, che possiamo raccogliere in tre semplici richiami. Il primo è il richiamo alla conversione, alla penitenza, perché ciò che sfigura la vita dell’uomo e ferisce il cuore di Dio, è il peccato, nelle sue manifestazioni più gravi e disumane, e sono parte di questa conversione l’accoglienza e l’offerta al Padre delle sofferenze e prove della vita, come amorosa riparazione dei peccati che si commettono: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162). Vi è poi il richiamo alla preghiera, come gesto fondamentale della vita cristiana, respiro della fede vissuta, e in particolare alla preghiera del Rosario, offerto per la pace nel mondo: una preghiera semplice e potente, che apre il varco all’azione di Dio e della sua grazia. Quanto abbiamo bisogno di riscoprire la forza racchiusa nella preghiera, una forza apparentemente debole, ma capace di cambiare la storia! Infine, a Fatima risuona il richiamo al destino totale ed eterno dell’uomo, che non si chiude nei limiti di questa esistenza terrena, ma si apre a una prospettiva oltre il tempo e la morte. Nel primo incontro con i tre bambini, all’ingenua domanda di Lucia alla bella Signora: «Da dove venite?», Maria rispose semplicemente: «Dal cielo». Promise poi ai tre pastorelli che anch’essi sarebbero andati in cielo, e con questo linguaggio immediato, il messaggio di Fatima ci ricorda che siamo pellegrini verso il cielo, verso Dio, verso la vita eterna. Proprio qui si rivelano la grandezza e la serietà della nostra esistenza nel tempo, perché è ora che decidiamo di noi stessi, decidiamo del nostro destino eterno, e come Maria ha parlato del “cielo”, così ha mostrato, in una visione simbolica impressionante, l’inferno, dove cadono i peccatori impenitenti. C’è questa tragica possibilità che la nostra libertà si chiuda per sempre a Dio e si condanni alla dannazione eterna, all’eterna separazione dalla Vita e dall’Amore.

La Chiesa di Pavia affidata al Cuore Immacolato di Maria
Celebrare l’anniversario di Fatima è occasione per aprire il cuore a queste poche e grandi realtà, svelate da Dio in tutta la sua storia di salvezza, in tutto il Vangelo, realtà da cui dipende il nostro bene, e da cui dipende il futuro del nostro mondo. C’è un gesto legato alla devozione alla Vergine di Fatima, un gesto più volte ripetuto da San Giovanni Paolo II, e che vorrei proporre a tutta la nostra Chiesa di Pavia: è la consacrazione e l’affidamento a Maria e al suo Cuore Immacolato, che vogliamo compiere insieme, la sera di sabato 13 maggio alle 21, in cattedrale, davanti a una statua che rappresenta la Bella Signora, con i tre bambini che la circondano, in una concelebrazione con tutti i sacerdoti della Diocesi. Invito tutti a essere presenti, o almeno a unirsi con il cuore, a questo atto con il quale vogliamo mettere nelle mani di Maria le nostre comunità, le nostre famiglie, i bambini e i giovani, gli anziani e i malati, i sofferenti e le persone in vario modo provate dalla vita, i disoccupati e i poveri. È un gesto con il quale consegniamo alla Madre di Cristo e della Chiesa il nostro cammino, il nostro tempo, così pieno di sfide e di minacce: può sembrare niente davanti a certi drammi e problemi che segnano il nostro presente, eppure è la povertà dei semplici di cuore, che sanno farsi bambini davanti a Dio, insieme a Maria, la vera forza che sostiene il mondo e apre sentieri nuovi di speranza e di pace.

+ Corrado Sanguineti
Vescovo di Pavia