Festa di San Giovanni Bosco – Messa per gli universitari S. Maria delle Grazie – lunedì 1° febbraio 2021

01-02-2021

Carissimi amici,

Ci siamo ritrovati questa sera, in questa bella chiesa, santuario di S. Maria delle grazie, affidato ai cari salesiani, per celebrare la festa di San Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani: saluto Don Eugenio Riva, rettore del Collegio universitario intitolato a Don Bosco, saluto voi cari giovani qui presenti, voi docenti, insieme ai responsabili della pastorale universitaria di Pavia.

Condividiamo da mesi la difficile situazione determinata dalla pandemia ancora in atto, e posso immaginare le fatiche che vivete come studenti, docenti e personale amministrativo della nostra università: le lezioni a distanza o a presenza limitata, la riduzione delle attività, la minore presenza nei collegi della città, la preoccupazione per la salute di familiari o amici, le incertezze sul futuro, l’immagine stessa dell’università con aule e cortili senza vita, tutto ciò diventa motivo di domanda e di preoccupazione. Ci potrebbe essere il rischio di entrare in un clima di desolazione e di scoraggiamento, quasi di rinuncia a vivere in pienezza anche questo tempo, come provocazione alla libertà e al cuore, come occasione per cercare e riconoscere ciò che dà veramente consistenza e respiro e permette di affrontare il presente, con le sue oggettive e motivate limitazioni, senza ridurre o spegnere il desiderio di vita e di positività, che dovrebbe caratterizzare, in modo particolare, il tempo della giovinezza.

A volte in questi giorni mi capita di pensare: «Chissà come avrebbe affrontato questo tempo Don Bosco con i suoi giovani!». Certo Don Bosco non ha operato nell’ambiente universitario, tuttavia ha consumato la sua vita sempre con e per i giovani, e ha conosciuto situazioni di emergenza sociale, di povertà diffusa, di epidemie tremende, come il colera che colpì Torino nel 1854, sapendo reagire e coinvolgere i suoi giovani amici, fino a mettere a rischio la loro vita: pensiamo quando per curare i malati di colera, San Giovanni Bosco mandò i suoi giovani in mezzo ai malati, assicurando che, se si fossero tutti confessati e affidati alla custodia di Maria ausiliatrice, nessuno si sarebbe infettato, come poi avvenne. La fede dei santi davvero muove le montagne!

Sicuramente, un modo bello di vivere questo tempo è non restare chiusi in noi stessi o nel cerchio degli impegni di studio: metterci a disposizione anche per gesti semplici di servizio e di carità, condividere i bisogni di chi vive situazioni di disagio e di bisogno, come alcuni di voi hanno fatto e continuano a fare, in vari modi – penso al coinvolgimento di universitari nei collegi per preparare alimenti a persone e famiglie in povertà, a chi cerca di mantenere rapporti di vicinanza con anziani soli o nelle strutture di accoglienza, a chi incontra i senza tetto e porta loro qualche aiuto – questa è una strada per vivere il presente, con un cuore che non si ripiega su di sé.

Se guardiamo all’esperienza che Don Bosco, con i suoi primi salesiani, ha generato, ci accorgiamo che condividendo l’esistenza dei giovani, il nostro Santo testimoniava e proponeva qualcosa di molto più grande che delle iniziative, pur belle, di servizio e di aiuto ai poveri o ai malati.

Don Bosco incarnava il fascino di una vita resa intensa e feconda dalla fede, dall’amicizia con Cristo, come presenza viva, e questa vita nella fede portava con sé una letizia, che si esprimeva anche come allegria, come gioia, e spalancava il cuore di chi stava con Don Bosco a ciò che è veramente grande, buono, vero, bello!

Ecco il “segreto” di San Giovanni Bosco: una compagnia, una prossimità concreta alla vita dei suoi ragazzi, nella quale si comunicava, per contagio, per osmosi, la gioia della fede, colta anche nella sua solidità di ragioni e di contenuti, insieme a un’attenzione personale ai suoi amici più giovani. Stanno qui i pilastri, i tratti originali, per il suo tempo, ma anche per il nostro, del suo sistema educativo: ragione, religione e amorevolezza.

Carissimi amici, non è forse questa una strada anche per noi? Per vivere da protagonisti questo tempo, con le sue sfide e provocazioni, per essere nell’ambiente universitario, con i vostri compagni di studio o colleghi d’insegnamento e di lavoro, una presenza originale e positiva?

Raccogliamo allora, dalla testimonianza di San Giovanni Bosco e dalla parola di Dio, in modo particolare dal passo della lettera di S. Paolo ai Filippesi, appena proclamato alcune indicazioni.

Don Bosco stava in mezzo ai giovani e chiedeva ai salesiani di essere a contatto, in ambienti concreti, come il cortile, i laboratori di lavoro, gli spazi della vita comune. Questo è essenziale per ogni esperienza di fede: avere la possibilità di condividere tempi e luoghi, tra voi giovani e avendo vicino anche delle figure di adulti – laici, consacrate, preti – che, pur con i loro limiti, siano testimoni di un’umanità resa vera e lieta dall’incontro con Cristo, dalla fede in lui.

Perciò, abbiate a vivere un’amicizia che vi sostiene nella fede, che vi rilancia nella vita, che vi apre al servizio, e osservando le norme richieste dalla necessità di non favorire il diffondersi di un virus che colpisce, in modo serio, chi è più fragile o più avanti negli anni, riprendete a incontravi anche in presenza, tornate a studiare insieme, negli ambienti dell’università e usando anche le aule di studio presso l’oratorio di San Francesco, condividete momenti di preghiera, come la Messa domenicale celebrata alle 18.00 nella chiesa di San Francesco e animata dalla pastorale universitaria.

In questo cammino vissuto insieme, rinnovate ogni giorno la sorgente di una gioia che non viene meno, anche nelle prove dell’esistenza: «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5).

Sì, carissimi amici, il nostro cuore è lieto, perché Cristo vive! Possiamo essere lieti in ogni circostanza, perché non siamo soli, perché il Signore è vicino, è una presenza fedele, che incontriamo nel volto di testimoni e nel dono di un’amicizia grande per la vita, nell’ascolto della Scrittura e dei Vangeli, nei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza, che ci accompagnano, nei poveri e sofferenti che avviciniamo e che impariamo ad amare.

Ciò che può essere motivo di sofferenza, di fatica, di ansia, diventi in noi preghiera, come faceva Don Bosco con i suoi giovani: «Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù» (Fil 4,6-7).

La prima testimonianza che può toccare il cuore dei vostri compagni e colleghi è una vita, capace di letizia, di bene e di positività in ogni tempo, e come ci ricorda sempre Papa Francesco, la fede si comunica per attrazione, non per proselitismo. Già San Giovanni Paolo II, incontrando i giovani radunati a Valdocco, nel suo primo viaggio a Torino, diceva: «Il cristianesimo è gioia, e chi lo professa e lo fa trasparire nella propria vita ha il dovere di testimoniarla, di comunicarla e di diffonderla intorno a sé. Ecco perché ho citato queste due figure. Don Bosco: sono andato ancora a trovare la sua tomba, e mi è sembrato sempre gioioso, sempre sorridente. E Pier Giorgio: era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava anche tante difficoltà della sua vita perché il periodo giovanile è sempre anche un periodo di prova delle forze» (Discorso ai giovani di Torino, 13 aprile 1980).

Ecco, carissimi amici: siamo chiamati, soprattutto oggi, in questo passaggio complesso che stiamo vivendo, ad avere nel cuore ciò che è grande e bello, ciò che entusiasma e appassiona, ciò che permette di essere creativi e generativi, in ciò che facciamo, studiamo, costruiamo!

Chiediamo a San Giovanni Bosco, educatore instancabile dei giovani, che ci aiuti a vivere la fede in Cristo come gioia che s’irradia, come amore che si dona, come energia di bene che ci mette sempre in movimento e in cammino. Amen!