“Un anno come vescovo di Pavia”

Martedì 24 gennaio sarà passato un anno dalla mia entrata come vescovo di Pavia: dodici mesi davvero intensi e ricchi d’incontri e di avvenimenti. Poche settimane prima, il 9 gennaio, avevo ricevuto l’ordinazione episcopale nella cattedrale della mia diocesi d’origine, a Chiavari in Liguria, e già in quell’occasione, insieme alla trepidazione per il dono che mi veniva partecipato, avevo avvertito la gioia d’essere sostenuto e accompagnato da un grande popolo. Un popolo formato non solo dalle comunità e dalle persone con cui ho camminato nella mia vita di sacerdote, e da tanti volti di amici che hanno segnato la mia esistenza, ma dalla gente della Chiesa dove mi sentivo mandato dal Signore, attraverso la scelta del Papa. Infatti, alla mia ordinazione episcopale erano presenti molti pavesi, un nutrito numero di presbiteri e di fedeli, che iniziavano così a entrare nell’orizzonte della mia vita e del mio servizio. Tutto ciò ebbe un’espressione per me indimenticabile e sorprendente il giorno del mio ingresso a Pavia, come nuovo pastore di questa chiesa antica e ricca di storia: ricordo bene quella domenica, piena d’emozioni, nella quale mi sono sentito accolto da un popolo che mi precedeva. Ricordo i momenti e i primi incontri: a Trivolzio, per venerare San Riccardo Pampuri e affidarmi alla sua protezione, alla Casa del Giovane, dove ho potuto pranzare con ospiti e amici di questa bella realtà, vero dono per tutta la diocesi e la città di Pavia, a San Pietro in Ciel d’Oro, per una sosta di preghiera davanti ai resti del grande Sant’Agostino, e infine in duomo, per la festa d’accoglienza sulla piazza gremita e la celebrazione nella cattedrale, circondato da confratelli vescovi, “in primis” il mio caro predecessore Mons. Giovanni Giudici, da tanti preti e da una folla di fedeli, pavesi e chiavaresi.

La gioia di un popolo che accoglie il suo pastore
Confesso che nei giorni precedenti il mio ingresso, avvertivo in me un sentimento contrapposto, che oscillava tra un misto di letizia e pace, perché sapevo e so di essere nelle mani fedeli di Dio, e una certa apprensione e paura, perché non sapevo ancora che cosa comportasse il nuovo ministero, e avevo e ho ben presenti i miei limiti e le mie insufficienze. Ebbene, in quella domenica di fine gennaio, immersa nella luce di un cielo terso, e riscaldata da un sole poco invernale, ho percepito e compreso qualcosa di essenziale, che in questi primi dodici mesi di ministero tra voi, si è reso sempre più evidente: un vescovo non è nulla, o è ben poco, senza il suo popolo, senza una Chiesa viva che lui stesso è chiamato a servire, ad amare e solo così a guidare. Nella gioia espressa quel giorno dalla gente che è venuta ad accogliermi – gioia che ritrovo quando vado in visita nelle comunità parrocchiali, per una celebrazione, per una festa, per un incontro, quando ho la possibilità di conoscere altre realtà umane e sociali del nostro territorio, come i luoghi di cura per i malati e gli anziani, le case che accolgono persone con disabilità, le varie associazioni di volontariato e le iniziative di carità, i collegi universitari o le scuole d’ispirazione cristiana – ho visto qualcosa che andava oltre la mia povera persona: era ed è la gioia di un popolo che accoglie il suo pastore e che sente il bisogno di una paternità e di una vicinanza, era ed è la disponibilità, piena di stima e di rispetto, anche da parte di ambienti laici e di persone non praticanti o non credenti, a incontrare colui che rappresenta la Chiesa in Pavia, come soggetto di bene nelle nostre città e nei nostri paesi. Così, fin dalla sera di quel 24 gennaio di un anno fa, e poi di giorno in giorno, attraverso la conoscenza di volti e realtà, è andata crescendo in me una serenità di fondo, non perché non vi siano fatiche e problemi nella nostra diocesi e nella nostra terra, né, tanto meno, perché io mi senta capace di affrontare ogni situazione, ma per la certezza che non sono solo in questo ministero a me affidato: non sono solo, perché c’è l’invisibile, ma reale presenza di Maria e dei Santi della nostra Chiesa, da San Siro a San Riccardo, e di numerosi sacerdoti, consacrati e fedeli che hanno fecondato le nostre comunità, che ci guardano, ci proteggono e pregano per noi. Non sono solo perché ci sono risorse di bene e di santità semplice e nascosta, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, nei nostri ambienti di lavoro e di studio, ci sono tante persone che vivono la fede e costruiscono il tessuto delle comunità, c’è un popolo di credenti che, anche oggi nel 2017, ha voglia di fare un cammino e chiede d’essere sostenuto e incoraggiato, ci sono attese profonde e disponibilità a volte impensate nel cuore di uomini e donne, di giovani e di ragazzi che sentono la sfida di una vita vissuta a misura dei loro desideri più veri e più radicali.

Una fraternità semplice e cordiale con i sacerdoti

Certamente, i primi volti con i quali sono entrato in rapporto sono quelli dei sacerdoti, che ho iniziato a conoscere e con i quali sento che va crescendo una fraternità semplice e cordiale: non posso concepirmi senza di loro, e li ringrazio di cuore, non solo per il servizio che compiono, ma anche per la disponibilità e il desiderio di vivere una relazione trasparente e concreta con me. Se in questi primi mesi, non fossi riuscito a raggiungere ciascuno di loro, o avessi mancato in qualche cosa, ne chiedo perdono e conto molto su un rapporto diretto e vero con ogni presbitero della Chiesa di Pavia, come sulla crescita di una reale fraternità tra i presbiteri della diocesi. Ovviamente, nei primi passi del mio ministero, sono venuto a contatto con tante altre persone: religiose e consacrate, laici impegnati nei servizi della diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti, semplici fedeli e famiglie, rappresentanti delle istituzioni, delle più differenti associazioni ed enti, delle strutture sanitarie e del mondo universitario, delle molteplici espressioni del volontariato. È un mosaico di volti di uomini e donne, di giovani e di ragazzi, di volti di tanti bambini, anche di differente nazionalità, di anziani e di ammalati nei nostri centri di cura. Quanti incontri, quanti dialoghi nei quali, ascoltando storie personali o guardando la vita di certe realtà e di famiglie che mi hanno accolto a mensa, sono rimasto stupito di come il Signore lavora nei cuori, a volte attraverso drammi e prove pesanti, a volte attraverso percorsi complessi e tortuosi, a volte attraverso improvvise grazie che fa accadere nell’esistenza delle persone.

A Pavia mi sento davvero “a casa”
Se c’è una cosa che temevo, nel diventare vescovo, era che si riducesse la possibilità di un incontro diretto con le persone e fosse più difficile stabilire veri legami e rapporti di amicizia e di fraternità: questi dodici mesi hanno ampiamente smentito questa preoccupazione, e posso dire di sentirmi davvero “a casa” qui a Pavia, in questa bella città, che sto imparando a conoscere e ad amare, e che merita di essere valorizzata di più, per le sue potenzialità, in questa chiesa che sta assumendo la forma di una famiglia, nella quale, dietro nomi e sigle, comincio a intravedere volti, persone e storie. Non intendo fare qui un bilancio del primo anno di ministero in mezzo a voi: consegno al Signore con umiltà le mie mancanze e omissioni, ripeto a Maria santissima «Mater mea, fiducia mea» e rinnovo l’impegno che, con l’aiuto di tutti, voglio dedicare, perché la Chiesa di Pavia sia sempre più testimone della gioia del Vangelo, dimora dove «incontrare Cristo oggi», secondo il titolo della mia prima lettera pastorale. Essa racchiude il programma e i tratti essenziali del cammino da condividere con tutte le nostre comunità, nella collaborazione e nella comunione con i membri del popolo di Dio (presbiteri – consacrati – fedeli laici). In questi giorni vi invito a rendere grazie con me al Signore per tutti i doni e per il bene che ci siamo scambiati e testimoniati: ringrazio tutti coloro che mi hanno arricchito e sostenuto con la loro accoglienza e con il loro affetto, e mi affido sempre alla vostra preghiera, in particolare alla preghiera dei bambini e degli anziani, degli ammalati. Continuate ad aiutarmi perché io possa essere, pur con i miei limiti, un pastore innamorato del suo popolo, amante di Cristo e di ogni uomo che mi è dato di incontrare e di servire.

Mons. Corrado Sanguineti

(+ Vescovo di Pavia)