L’omelia del vescovo Sanguineti per la festività della S. Pasqua

Carissimi fratelli e sorelle!

Risuona in tutta la Chiesa il gioioso annuncio della Pasqua, che abbiamo appena confessato e cantato: «Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto», «Surrexit Dominus vere!». Queste parole sono l’eco della testimonianza dei primi discepoli che hanno avuto il dono di incontrare Gesù risorto e sono diventati i suoi testimoni, come ci ha ricordato San Pietro nel discorso rivolto al centurione Cornelio: «E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,39-41).
Rendiamoci conto, carissimi, che qui siamo nel cuore e nella sorgente della nostra fede cristiana, perché i cristiani sono coloro che credono nel Signore risorto, che, nella fede, vivono e sperimentano un reale contatto non con un’idea o una dottrina, ma con una persona che è viva ed è capace di entrare in relazione con noi! Oggi, come duemila anni fa!
Se non fosse così, il cristianesimo sarebbe una realtà sottoposta all’inesorabile legge del passare del tempo, e si sarebbe ridotto a una filosofia, che s’ispira semplicemente agli insegnamenti, anche altissimi, di un grande maestro, di un profeta, di un uomo di Dio, che ora non è più: dell’esperienza originale, vissuta dai primi discepoli con lui, resterebbe soltanto una memoria, un patrimonio scritto in quei libri che formano il Nuovo Testamento.
Fratelli e sorelle, diventa allora essenziale e decisivo, per tutti noi, riscoprire la certezza della fede nel Risorto, come possibilità di un rapporto con un Vivente, che resta a noi contemporaneo, e che noi possiamo conoscere e amare. Da dove nasce una tale certezza? E come si alimenta in questi tempi nei quali la fede non può più essere data per scontata o per ovvia?
Il Papa emerito Benedetto XVI, in una sua intervista scritta pochi mesi fa, nota con acutezza: «Perché io possa credere, ho bisogno di testimoni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile». Questo è totalmente vero per la fede pasquale in Gesù crocifisso e risorto: non nasce da noi, da una nostra riflessione o ricerca, nasce dall’incontro con dei testimoni che sono la via per scoprire una Presenza viva, a cui possiamo dare del “tu”, con la quale possiamo fare un cammino. Certo è una Presenza che non si conosce per via diretta, empirica – come nelle scienze sperimentali – ma si conosce attraverso una testimonianza affidabile e ricca, in cui traspare qualcosa di unico e di eccezionale, e attraverso una libertà umile e attenta che sa leggere e accogliere i segni e si apre all’illuminazione dello Spirito.
Ecco perché, innanzitutto, la nostra fede ha bisogno della testimonianza fondamentale e originale degli apostoli, dei primi che sono stati con Gesù, che hanno vissuto il dramma e lo sconvolgimento della sua morte in croce: nel racconto di Emmaus, che ci è stato proposto in questa sera pasquale, percepiamo la delusione dei due discepoli, com’erano crollate le loro speranze nel Nazareno. Non sarebbe bastato un ricordo, seppur devoto, del Maestro e dei suoi insegnamenti, a rimettere in cammino quegli uomini, a ridestare il loro cuore affranto: è stato necessario un incontro, il farsi presente a loro di Gesù risorto. Così reale, e così diverso, tanto che inizialmente non lo riconoscono, e lui con pazienza cammina con loro, come un semplice pellegrino, e li sollecita a parlare, a raccontare ciò che essi hanno vissuto. Così dà loro tempo, e consente al loro cuore di esprimersi e quasi di risvegliarsi, tanto che, dopo averlo riconosciuto allo spezzare il pane, ricorderanno l’esperienza vissuta già mentre lui parlava con loro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32).
Ora, fratelli e sorelle, occorre essere seri e leali con la testimonianza apostolica, che non può essere liquidata come ingenua e inaffidabile: ha una sua consistenza, una sua concordanza, nei testi evangelici e in tutto il Nuovo Testamento, che non si può ridurre a esperienze puramente soggettive o alterate. Resta il fatto che solo di Gesù si attesta che egli è risorto, e che la sua risurrezione non la rianimazione di un cadavere, tornato alla vita di prima, ma è l’inizio di una nuova vita e di una nuova condizione per cui egli rimane per sempre il Vivente! Perché di nessun altro grande uomo religioso si afferma una cosa simile? E non dimentichiamo che questa fede nel Risorto è ancora più incomprensibile, essendo nata da uomini figli d’Israele, ben lontani dalle nostre speculazioni “spiritualiste” o esistenziali, e posti davanti a un fatto nuovo, perché la risurrezione era attesa, almeno da alcune correnti del giudaismo, solo come evento degli ultimi tempi.
Tuttavia, la nostra fede nel Signore risorto non si fonda solo sulla testimonianza apostolica e sulla successiva e immediata nascita della Chiesa, con la sua sorprendente diffusione, in un ambiente complesso e ostile, come quello dell’impero romano: la nostra fede si nutre di un incontro reale, che accade ora attraverso quel flusso vivente che è la vita della comunità cristiana, e in essa attraverso il dono di testimoni, di uomini e donne che ci rendono Dio accessibile, che permettono di riconoscere in loro una Presenza che è, che è viva, perché opera, cambia, trasfigura l’umanità di chi lo riconosce.
Così è stato agli inizi, così è stato lungo la storia della Chiesa, soprattutto nel dono incessante e imponente di uomini e donne, amici di Cristo, la cui vita sarebbe inspiegabile e impossibile, se Cristo fosse solo un’idea o un ideale, o peggio un sogno: sono i santi, fratelli e sorelle, noti e ignoti, con o senza l’aureola, sono i santi i testimoni più avvincenti e convincenti del Risorto, perché in loro noi possiamo riconoscere il miracolo di una vita nuova, segno offerto alla nostra libertà, di una Presenza sempre all’opera! Se abbiamo occhi sgranati, come i bambini, e cuore aperto, allora potremo anche oggi sorprendere e quasi intercettare i segni di Gesù risorto, nella carne e nella vita di uomini e donne che possiamo incrociare nei nostri cammini e nelle nostre comunità.
Ecco, nel grembo della Chiesa, nutrita e arricchita dalla testimonianza dei suoi figli più grandi, possiamo allora ascoltare la parola del Vangelo e delle Scritture, e sentire ardere il nostro cuore davanti a Colui che ci parla, e possiamo riconoscere, con stupore, il Signore vivente che ora si dona a noi, nel segno del pane spezzato, il suo corpo eucaristico. E a nostra volta, possiamo diventare noi i suoi testimoni per i nostri contemporanei, comunicando la speranza e la certezza lieta della sua risurrezione. Amen!

Mons. Corrado Sanguineti
Vescovo di Pavia